Tutto ciò che devi sapere sull’HHC

Tutto ciò che devi sapere sull’HHC: Cos’è? Come viene prodotto? Quali sono gli effetti? È dannoso per la salute?

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Cannabis, la nuova legge alla Camera

Cannabis, la nuova legge alla Camera con data 08/08/2021

“È stato votato il testo base sulla cannabis che depenalizza la coltivazione di non oltre quattro piante ‘femmine’.

La coltivazione in casa di canapa è fondamentale per i malati che ne devono fare uso terapeutico e che spesso non la trovano disponibile oltre che per combattere lo spaccio ed il conseguente sottobosco criminale”

Così Mario Perantoni ha annunciato il via libera in commissione Giustizia alla Camera al testo base sulla Cannabis.

Il testo base sulla cannabis è stato approvato in commissione Giustizia. Si compone di cinque articoli che andrebbero a modificare il Testo Unico sugli stupefacenti, al momento riferimento per la normativa in questo ambito.

Ecco la proposta di legge per consentire la coltivazione della cannabis in casa per uso personale:

Alla Camera dei deputati c’è un testo base sulla cannabis.

Dopo un anno di mediazione, a partire dalle tre proposte del deputato di +Europa, il radicale Riccardo Magi, del Movimento 5 Stelle e della Lega, si è arrivati a un testo unico presentato dal relatore presidente della commissione Giustizia a Montecitorio, il pentastellato Mario Perantoni.

Il testo è già frutto di una mediazione tra le diverse voci, richieste e visioni dei partiti che compongono la maggioranza, ma anche tra coloro che hanno presentato proposte di legge in materia.

La legge prevede da un lato la depenalizzazione, dall’altro l’inasprimento per alcuni reati. Insomma, un testo base che mette d’accordo Lega, radicali e 5 Stelle.

Nei cinque articoli è previsto che sia possibile coltivare fino a quattro piantine femmina, non viene più punita la coltivazione domestica per uso personale:

“Sono consentite a persone maggiorenni la coltivazione e la detenzione per uso personale di non oltre quattro femmine di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente e del prodotto da esse ottenuto”.

Cosa contiene questo testo base?

Da un lato, come ha spiegato Perentoni, diminuisce le sanzioni per i fatti di lieve entità:

“Reati che saranno ora autonomi rispetto alle stesse fattispecie previste per gli oppiacei: si introduce, cioè, una separazione concettuale tra le diverse categorie di sostanze stupefacenti, diversità già evidenziata dalla Corte Costituzionale.

Infine una novità per la tutela dei minori e dei giovani: non si potrà mai considerare fatto di lieve entità lo spaccio a minori o che nella vicinanza delle scuole.

Un inasprimento per contrastare la criminalità e rafforzare la protezione dei più giovani”.

Vengono, così, inasprite le pene per chi vende sostanze stupefacenti ai minorenni, infatti, il testo prevede l’innalzamento delle pene per i reati connessi a traffico, spaccio e detenzione ai fini di spaccio di cannabis, che passano da 6 a 10 anni.

Serve comunque rimanere aggiornati poiché, dopo la votazione, bisognerà attendere la presentazione e la discussione in commissione degli emendamenti prima che il testo possa arrivare in aula.

Rimane comunque un piccolo traguardo raggiunto dopo mesi e mesi di attesa da parte della Camera. Noi sostenitori di libertà siamo fiduciosi che questo piccolo passo porterà ad un grande traguardo!

Come ottenere la Cannabis Terapeutica?

Come ottenere la Cannabis Terapeutica?

 

In Italia la Cannabis Medica è pienamente legale dal 2013; un piccolo riassunto di cosa è successo aiuterà a comprendere a fondo i temi trattati in questo articolo, e cioè:

  • processo di prescrizione farmaco e iter del paziente per accedere alla terapia
  • rimborsabilità e diversificazione Regionale
  • iter di approvvigionamento per pazienti, ospedali/ASL, farmacie e distributori autorizzati
  • costi

 

1. COME VIENE PRESCRITTA LA CANNABIS TERAPEUTICA?

Come tutti i farmaci, la Cannabis Terapeutica può essere prescritta da un qualsiasi Medico (Chirurgo o Veterinario) che, in scienza e coscienza, la ritenga il medicamento più adatto.

La Cannabis Medica è prescrivibile con spese a carico del paziente per qualsiasi patologia per la quale esista un minimo di letteratura scientifica accreditata.

In parziale deroga a questo discorso va detto che mentre la libertà per il Medico è totale (nel rispetto della normativa vigente Legge 94/98) quando il farmaco è a pagamento (ossia il paziente lo acquista pagandolo di tasca propria), quando il farmaco invece è a carico del Sistema Sanitario Regionale (SSR) (cioè gratuito per il paziente), esistono più vincoli per il Medico. Si parla, in questo caso, di appropriatezza prescrittiva.

In virtù di quanto scritto sopra nel voler spiegare qual è l’iter per un paziente per ottenere Cannabis Medica, è necessario distinguere tra quando la Cannabis è prescritta su ricettario privato a pagamento (la ricetta “bianca”) e Cannabis prescritta a carico del Sistema Sanitario Regionale (SSR).

In altre parole, l’accesso alla Cannabis Medica è:

  • molto semplice se prescritta a pagamento
  • da semplice a complesso se prescritta a carico del SSR (la difficoltà varia da Regione a Regione)

Per aiutarvi a navigare questa tematica potete approfondire in questo articolo: “Cannabis Medica e rimborsabilità Regione per Regione

In generale, la Legge che regola la prescrizione magistrale di Cannabis Medica è la Legge 94/98 conosciuta come “Legge Di Bella” (esatto, QUEL professore Di Bella) e dal DM 9/11/2015.

In breve, questa Legge prevede che sulla ricetta il Medico riporti, tra le altre cose, il tipo di Cannabis, il motivo per il quale il Medico richiede al Farmacista la preparazione e (per la salvaguardia della privacy) un codice alfanumerico (numeri e lettere) al posto del nome/cognome.

dati anonimi relativi a età, sesso, posologia in peso di Cannabis ed esigenza di trattamento sono inoltre richiesti per fini statistici, così come previsto dal Progetto pilota, compilando la scheda per la raccolta dei dati dei pazienti trattati da inviare alla Regione territorialmente competente secondo le indicazioni che le stesse Regioni forniranno.

 

 

2. PROBLEMATICHE LEGATE AD OTTENERE CANNABIS MEDICA CON RICETTA BIANCA

Per prima cosa, un Medico NON è mai obbligato a prescrivere una terapia (sia essa a base di Cannabis, che qualsiasi altro farmaco), specie se in scienza e coscienza ritiene che non sia il farmaco necessario per il proprio paziente.

Nel momento presente esistono molti Medici che rifiutano anche solo di considerare la Cannabis come opzione terapeutica perché non la conoscono e non vogliono conoscerla oppure “perché è una droga d’abuso”.

Secondo problema: trovato il Medico che ha redatto la ricetta, rimane da trovare una farmacia che prepari Cannabis Terapeutica (circa 600 su 19.000 totali in Italia). Una volta trovata, occorre che tale farmacia sia fornita di una delle nove varietà legalmente prescrivibili: forse non tutti sanno che da due anni a questa parte si vive in uno stato di continua carenza di Cannabis legata ad altissima domanda (da parte di Medici e Pazienti) e poca offerta (legata ad insufficiente importazione da parte dell’Italia da Olanda o Canada).

Giova ricordare che nel 2017 il Ministero della Salute, attraverso l’Ufficio Centrale Stupefacenti, multò con diverse migliaia di € alcune farmacie che informavano i pazienti sulla disponibilità di Cannabis Medica (informando e rendendo noto dove reperirla), ritenendo che fossa “propaganda pubblicitaria indiretta”.

 

 

3. OTTENERE CANNABIS MEDICA A CARICO DEL SSR

La rimborsabilità dei medicinali a base di Cannabis non è prevista da tutte le Regioni, ma solo dalle Regioni che hanno legiferato in materia di erogazione di “farmaci cannabinoidi”.

Premesso che la maggior parte delle Regioni NON ha ancora concesso la prescrizione gratuita di Cannabis Medica, in alcune Regioni (es. Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Campania, Puglia) è possibile per il paziente ottenere Cannabis gratuita, ma (già detto, ribadiamolo) SOLO per alcune indicazioni terapeutiche, ossia solo per alcuni tipi di malattie.

In altre parole, non importa se si è esenti civili o invalidi, ma contano esclusivamente questi fattori:

  1. la Regione nella quale si risiede
  2. se in quella Regione la malattia di cui si è affetti viene riconosciuta per Cannabis fornita gratuitamente

Da ciò deriva che per la stessa identica malattia un paziente residente nella Regione X può ottenere Cannabis Medica gratuitamente, mentre nella Regione Y la deve comunque pagare.

A differenza di quando la Cannabis è acquistata a pagamento, non esiste un iter unico per la prescrizione, ma esso varia (come ripetuto) da Regione a Regione.

La Cannabis può essere rimborsata, ma nonostante il decreto DM 9/11/2015 precedentemente citato, le patologie per le quali è riconosciuta la rimborsabilità variano per ogni Regione, che legifera autonomamente su patologie, forme farmaceutiche e a volte modalità di prescrizione.

Infatti alcune Regioni per riconoscere la rimborsabilità prevedono obbligatoriamente un piano terapeutico (che può essere preso in carico e seguito dal medico di base), altre solo determinate varietà di Cannabis o tipi di preparazione.

Al fine di essere certi della possibile rimborsabilità conviene sempre fare rifermento all’ente territoriale competente in quanto la situazione risulta molto disomogenea, senza considerare il fatto che alcune Regioni non hanno deliberato, altre solamente deliberato e altre hanno già portato a termine tutto il processo attuativo.

 

 

4. APPROVVIGIONAMENTO DI CANNABIS MEDICA DA PARTE DELLE FARMACIE

Le Farmacie italiane che preparano Cannabis Medica (le stime sono di oltre 600 su 19.000 presenti) possono ottenere Cannabis da fornitori diversi a seconda della provenienza:

  • Cannabis Medica olandese: la Farmacia la ordina da uno dei cinque distributori di materie prime italiani autorizzati (ACEF, Fagron, Farmalabor, Fl-Group, Galeno)
  • Cannabis Medica italiana: la Farmacia la ordina dall’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze
  • Cannabis Medica canadese: la Farmacia la ordina dall’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze

Le modalità per la Farmacia di approvvigionarsi di Cannabis Medica sono le stesse di tutte le altre sostanze stupefacenti, ossia con Buono Acquisto in tre copie da inviare (PEC + firma digitale o originale cartaceo) alla ditta.

Nel Buono Acquisto la Farmacia indica in maniera inequivocabile la varietà di Cannabis che desidera e la quantità in grammi suddivisa per numero di flaconi: es. per ordinare 250 grammi di infiorescenze, la farmacia non indicherà un generico “250 g”, ma “25 flaconi da 10 g” oppure “1 confezione da 250 g” in base ai tagli disponibili.

All’arrivo in Farmacia la Cannabis Medica in infiorescenze viene caricata sul registro di entrata/uscita e scaricata man mano con le ricette mediche che il Farmacista preparerà di volta in volta.

 

5. COSTI DELLA CANNABIS MEDICA

Quando il paziente paga di tasca propria il farmaco la domanda che subito viene in mente è “Quanto costa?

Essendo la Cannabis Medica un farmaco galenico (ossia preparato di volta in volta dal Farmacista) e non essendo un farmaco industriale fatto e finito (come quelli che siamo abituati a comprare in Farmacia con un dosaggio fisso, un numero di dosi fisso, una quantità di sostanza fissa), è impossibile dare un prezzo unico del farmaco a base di Cannabis.

Per i farmaci galenici il Farmacista NON è assolutamente libero di decidere il prezzo, ma si rifà obbligatoriamente ad una Tariffa stabilita dal Ministero della Salute con la quale calcola i prezzi di tutti i farmaci galenici che prepara (sia a base di cannabinoidi che non, dagli sciroppi alle supposte, dalle cartine ai colliri).

L’unica certezza è che il Ministero della Salute obbliga a vendere la Cannabis a 9 € al grammo + IVA 10% (dei medicinali) indipendentemente dal costo richiesto al Farmacista, che varia solitamente dai 9 agli 11€ + IVA 22% (delle materie prime).

A questo prezzo vanno aggiunti i costi di preparazione e contenitori (che variano a seconda della forma farmaceutica preparata e della sua pericolosità), sempre stabiliti dalla Tariffa dei Medicinali. Unendo il tutto, è possibile dare alcuni esempi di costo per far capire orientativamente (salvo costo dei recipienti, eccipienti e numero di operazioni tecnologiche) il costo di una terapia:

  • 30 cartine da 100mg di infiorescenze di cannabis: 65€ circa
  • 30 cartine da 500mg di infiorescenze di cannabis: 190€ circa
  • 30 cartine da 1000mg di infiorescenze di cannabis: 330€ circa
  • 50 ml di olio di cannabis (5g/50ml): 90€ circa
  • 100ml di olio di cannabis (5g/50ml): 160€ circa

Trattandosi di farmaci la spesa è fiscalmente detraibile (come per i farmaci industriali) mediante “scontrino parlante” o fattura.

Inoltre, così come da decreto Decreto 9 novembre 2015, si aggiunge la necessità di titolazione dei preparati di olii ed estratti, che per legge devono essere analizzati.

Il decreto impone l’analisi, ma non il costo da attribuire al paziente e/o al farmacista, in quanto non presente all’interno dell’onorario professionale e non specificato in nessuna norma (ad eccezione della Lombardia, la quale ad oggi ha dato un tetto di spesa massima per la rimborsabilità delle analisi). Si assiste dunque ad una difformità di prezzo non indifferente che è attualmente oggetto di valutazione da parte degli enti preposti.

 


Per approfondire quanto riportato, suggeriamo di consultare la Gazzetta Ufficiale del Ministero della Salute:

Legalizzazione e consumo giovanile

legalizzazione della cannabis e consumo giovanile

Legalizzazione e consumo giovanile

Sfatiamo un mito: la legalizzazione NON aumenta il consumo degli adolescenti

Legalizzazione e consumo giovanile

La legalizzazione della cannabis non fa aumentare il consumo tra gli adolescenti. A sfatare il falso mito i dati raccolti nei paesi e negli stati dove l’utilizzo per scopi ricreativi è legale e regolamentato.

Le ricerche che hanno sfatato il mito

Secondo uno studio pubblicato dalla rivista accademica JAMA Network, nei territori statunitensi dove l’uso ricreativo della sostanza è stata regolamentata, il consumo da parte degli adolescenti è diminuito quasi del 10%. In particolare, si è registrato un calo dell’8% nell’uso sporadico e del 9% in quello frequente. La variazione, invece, è risultata appena accennata negli stati che hanno legalizzato al solo uso medico e terapeutico.

L’analisi, condotta da un team di ricercatori provenienti da quattro diverse università americane (la Montana State University, la University of Oregon, la University of Colorado e la San Diego State University) ha dimostrato, dati alla mano, come la legalizzazione abbia avuto un effetto positivo sul consumo giovanile.

Complici, in questo contesto, i punti vendita autorizzati, come Canapè, che possono effettuare maggiori controlli sull’identità richiedendo i documenti e la maggiore età dei propri clienti, e la scomparsa del cosiddetto “effetto tabù” e del suo fascino.

I dati analizzati non sono nuovi a Washington. I valori, infatti, sono stati raccolti attraverso gli Youth Risk Behaviour Surveys (YRBS), ossia le indagini biennali americane promosse dalle agenzie governative e dedicate ai rischi per la salute degli adolescenti. Per questa ricerca, in particolare, sono stati studiati i comportamenti degli studenti delle scuole superiori in un periodo che va dal 1993 al 2017.

Ora che gli Stati Uniti si avviano verso la legalizzazione federale della cannabis, allineandosi con i 14 stati a stelle e strisce dove il consumo è già legale, la situazione economica e sociale del paese potrebbe evolvere ulteriormente.

La legalizzazione e i problemi comportamentali dei giovanissimi

Tra i primi a subire gli effetti positivi della legalizzazione i giovanissimi. Dalle stesse ricerche, infatti, è emerso che l’utilizzo ricreativo della marijuana ha avuto un calo sopra la media tra i più piccoli, ossia tra gli studenti di età compresa tra i 13 e i 14 anni. La riduzione è pari al 25%.

In molti di questi casi, l’utilizzo ricreativo della marijuana è spesso legato alla ricerca di attenzioni e al mettere in atto comportamenti sociali considerati devianti o problematici per definire il proprio status. La legalizzazione, invece, elimina il “fascino del proibito” nonché l’opportunità di sfidare l’autorità, sia essa genitoriale o statale.

La legalizzazione e la criminalità

Non solo la diminuzione dei consumi, la legalizzazione favorisce, sul lungo periodo, anche la riduzione di altri rischi e problemi legati allo spaccio o ai disturbi comportamentali come risse e uso e detenzione illecita di armi.

Dagli Stati Uniti arrivano dati positivi anche in questo contesto. Nei territori dove sono stati legalizzati sia l’utilizzo ricreativo che quello medico si sono infatti registrate sensibili diminuzioni dei reati, in particolare di quelli violenti.

È il caso dello stato di Washington, primo tra i territori a stelle e strisce a legalizzare l’uso ricreativo della sostanza il 6 dicembre 2012. All’interno dei suoi confini, infatti, da quel giorno si è registrato un calo del 30% in termini di stupri e del 20% per quanto riguarda i furti, anche e soprattutto tra i giovani.

A questo si aggiunge l’aspetto economico. A un anno dalla legge, infatti, lo stato di Washington ha incassato oltre 70 milioni in più di tasse. Una crescita che conferma le prospettive di molte altre zone del mondo sempre più vicine alla legalizzazione come il Messico e l’Italia, che, secondo le ultime stime, con la legalizzazione guadagnerebbe almeno 8 miliardi di euro l’anno.

Cos’è il CBG o Cannabigerolo?

Cos’è il CBG o Cannabigerolo?

 

Cannabis Terapeutica – Il futuro è nel CBG

Chi conosce un minimo la cannabis sa che contiene oltre cento molecole, ognuna delle quali ha specifiche proprietà, molte ancora necessitano ancora di studi approfonditi.

I composti, però che sono ben conosciuti e studiati sono il Cannabidiolo (CBD) non psicoattivo, il Tetraidrocannabinolo (THC) e recentemente agli onori della ribalta proprio il Cannabigerolo (CBG). Quest’ultimo sembra poter avere un notevole potenziale terapeutico.

Il cannabigerolo o CBG è un fitocannabinoide non psicoattivo naturalmente presente in piccole quantità nella pianta di canapa.

 

Cos’è il CBG, il cannabinoide madre

Il CBG (scoperto per la prima volta nel 1964 dallo scienziato Y.Gaoni, deriva dall’acido cannabigerolico (CBGa) che è il primo cannabinoide prodotto nella pianta di canapa, da cui a loro volta attraverso un processo enzimatico si formano i tre principali acidi che si trovano nella pianta ovvero: THCA, CBDA e CBCA e da cui poi tramite decarbossilazione si ottengono THC e CBD e CBC.

Dunque, ecco perchè il CBG viene definito la madre di tutti i cannabinoidi. In ogni caso è stato rilevato che il CBG è presente in particolari concetrazioni in alcuni tipi di cannabis Sativa L., quelle più fibrose che solitamente sono povere di THC e hanno invece maggior concetrazioni di altri cannabinoidi non psicoattivi.

 

CBG e CBD differenze tra i due cannabinoidi

CBD e CBG sono due cannabinoidi presenti in quantità differenti nella pianta di canapa e sono due composti diversi tra loro, hanno caratteristiche simili quando si parla di alcuni effetti, infatti sembrano entrambi essere un valido aiuto contro il dolore e l’infiammazione.

Il CBG però, appare ancora più efficace del CBD per quanto riguarda il rilassamento dei muscoli, e sembra dare maggior sollievo alle contrazioni muscolari.

 

Come agisce il CBG nel nostro corpo?

Nel nostro corpo sono presenti degli endocannabinoidi (particolari lipidi bioattivi) che interagiscono attraverso il sistema endocannabinoide con i recettori CB1 e CB2, uno di questi edocannabinoidi è l’anandamide e, sembra che il CBG, in particolare, aumenti proprio la produzione di questo specifico lipide.

L’anandamide tra le altre cose svolge un’azione regolatrice del sonno, dell’appetito e della memoria, e agisce direttamente sui recettori CB1 e CB2, in particolare le ultime ricerche sembrano confermare che l’anandamide si lega ai recettori CB1, e agisca come blocco alla proliferazione delle cellule che si verifica nell’organismo quando vi è presente una patologia aggressiva.

Se quindi si riuscisse a far produrre al corpo una maggiore quantità di questo endocannabinoide, potrebbe essere un ottimo aiuto nel contrastare alcune malattie.

 

Potenzialià del CBG e i suoi effetti

Già in passato sono stati condotti alcuni studi che hanno portato a evidenziare come il CBG possa avere effetti miorilassanti ovvero, proprietà muscolo rilassanti, effetti analgesici e potenziali effetti antinfiammatori.

Sempre recentemente, uno studio realizzato dai ricercatori dell’Università di Napoli , ha evidenziato gli effetti positivi che il CBG potrebbe avere nel contrastare le patologie relative a infiammazioni dell’intestino, quindi sempre relativamente all’importanza di questo cannabinoide a livello antinfiammatorio.

Il Cannabigerolo sembra avere potenzialità benefiche nelle seguenti condizioni:

  • Malattie infiammatorie intestinali.
  • Glaucoma. A differenza del CBD che invece non sembra essere indicato per questo disturbo, il Cannabigerolo al contrario potrebbe essere efficacie per alleviare i sintomi di questa malattia.
  • Disfunzioni della vescica. Alcuni cannabinoidi sembrano influenzare le contrazioni della vescica.
  • Malattia di Huntington. Secondo uno studio del 2015 che il CBG sia un valido aiuto nel trattamento di altre condizioni neurodegenerative e in generale contribuire a un miglior funzionamento del sistema nervoso.
  • Infezioni batteriche.
  • Cancro.  il CBG potrebbe avere effetti positivi nella riduzione della crescita delle cellule cancerose e di altri tumori.
  • Perdita di appetito. Uno studio del 2016 ha suggerito che tra gli effetti positivi del CBG ci sia quello di stimolatore dell’appetito. Le sostanze chimiche che stimolano l’appetito potrebbero essere usate per aiutare coloro che hanno condizioni come l’HIV o il cancro.

Infine, possiamo aggiungere anche che un particolare molto importante è la combinazione di CBG con il CBD, infatti i due cannabinoidi insieme rafforzano l’effetto entourage, quindi se siete consumatori di CBD sicuramente un boost di CBG potrà sicuramente portare a una sinergia dei due composti.

Da Canapè potete trovare una varietà di Cannabis Light ricca di CBG, chiamata ACDC.

Cannabis light e test antidroga

Cannabis light e test antidroga

Cannabis light e test antidroga

Cannabis light e test antidroga:

La cannabis light può contenere THC e dunque compromettere i risultati del drug test?

Come probabilmente saprai, la canapa legale dovrebbe contenere bassissime quantità di THC, precisamente meno dello 0,4%… ma non tutti i distributori la fanno analizzare per verificare con certezza questo dato.

Effettivamente la cannabis legale proviene da semi certificati, accuratamente selezionati per generare piante con THC quasi nullo, eppure anche la natura ha i suoi limiti e le percentuali di THC potrebbero risultare inaspettatamente più alte.

Se sei un estimatore di canapa light e la utilizzi regolarmente, è possibile che ti stia chiedendo se con l’assunzione di CBD i test antidroga possono risultare positivi e dunque controproducenti in caso di controlli di lavoro, sportivi e altri ancora.

Se assumi erba light non certificata potresti quindi risultare positivo al test antidroga perché oltre al CBD potrebbero esserci tracce di THC superiori allo 0,4%.

Cannabis light e test antidroga

Quindi il CBD non viene rilevato nei test antidroga?

Se si tratta di CBD puro no, ma non possiamo assicurarti che non succeda se fumi cannabis legale, soprattutto se non ha percentuali di THC certificate (e, naturalmente, a norma di legge).

E se acquisti estratti di CBD o prodotti derivati?

Tendenzialmente, il CBD non dovrebbe risultare nei test di rilevamento, ma se non assumi cannabidiolo puro potrebbero esserci tracce di THC nel tuo organismo. Ed è proprio il THC che fa risultare positivi i drug test.

Consigliamo in questo caso di fare delle opportune valutazioni. Per non rischiare ti consigliamo di scegliere prodotti derivati dalla canapa industriale con THC a norma di legge, dunque estratti dalla canapa legale.

È importante precisare che i test antidroga cercano il THC oppure uno dei suoi principali metaboliti, il THC-COOH, rilevabile anche quando il THC non è più in circolo nel sangue ma è ormai stato trasportato nelle cellule.

I drug test danno esito positivo quando il THC e/o il THC-COOH superano una certa soglia chiamata cut-off: i valori inferiori al cut off vengono ignorati dal test, che risulta quindi negativo.

La soglia è in genere diversa in base all’esame: i test di rilevamento delle droghe sono diversi e includono l’analisi delle urine, del sangue, del capello e della saliva. Inoltre il periodo di rilevamento dipende da numerosi fattori, tra cui la quantità di assunzione, la frequenza e l’attività del tuo metabolismo. Se assumi solo cannabis light, che presenta basse percentuali di tetraidrocannabinolo, è molto probabile che il tuo metabolismo smaltisca molto velocemente sia il THC che il suo metabolita.

Cannabis light e test antidroga

. Test antidroga dalle analisi delle urine:

Nell’urina, il metabolita THC-COOH deve avere una concentrazione di almeno 50 ng/ml (nanogrammi per millilitro) affinché il test risulti positivo. Di solito questo esame rileva il THC-COOH nelle urine per un periodo che va da 3 a 15 giorni dopo l’uso di marijuana.

Però se l’assunzione di THC è costante e in grandi quantità, il test delle urine potrebbe rilevare la sua presenza anche per 3 o 4 settimane dopo l’uso di marijuana.

. Test antidroga dalle analisi del sangue:

Il sangue è un trasportatore, dunque il THC permane per pochissimo tempo nel flusso sanguigno: il THC-COOH si rileva fino ad un massimo di una settimana dall’assunzione. Le analisi del sangue hanno un cut-off fissato a 2 ng/ml.

Per via di questa particolarità gli esami del sangue si usano come drug test solo se si ha bisogno di una risposta nell’immediato, ad esempio per verificare la guida sotto effetto di stupefacenti.

. Test antidroga dalle analisi salivari:

La saliva conserva tracce di THC e dei suoi metaboliti per poco tempo, da circa un’ora fino al massimo di un giorno dall’assunzione di cannabis.

Il test della saliva è quindi uno dei meno utilizzati o usato al massimo dalle Forze dell’ordine durante i controlli sui conducenti.

. Test antidroga dalle analisi del capello:

L’analisi del capello è il test antidroga più efficace (anche se poco utilizzato) e consente di rilevare i metaboliti del THC nei capelli per un periodo che arriva addirittura a 90 giorni. 

Tuttavia questi test sono meno pratici perché non rilevano la presenza dei residui psicoattivi di THC, ma può solo dire se la persona è una consumatrice assidua di cannabis.

Infatti una persona che entra in contatto con un consumatore di marijuana e respira fumo passivo potrebbe, teoricamente, risultare positivo ad un test tossicologico del capello.

Cannabis light e test antidroga

In conclusione diciamo anche i risultati dei test antidroga sono molto soggettivi. Cioè dipendono anche dai fattori legati all’organismo come il metabolismo (più è veloce la tua attività metabolica, più breve è il tempo in cui i cannabinodi possono essere rilevati), dal tipo di test eseguito (più è sensibile il test, maggiore è il tempo in cui può rivelare la concentrazione di THC nel tuo corpo) e che frequenza assumi cannabis.

Piantare Cannabis in casa – Seconda parte

Piantare Cannabis in casa – Seconda parte

Piantare Cannabis in casa - Seconda parte

Riprendendo il discorso iniziato precedentemente, dove abbiamo parlato di come iniziare a muoversi a coltivare in casa, per chi è alle prime armi, abbiamo parlato di semi, terriccio e germinazione; ora andremo a vedere le successive fasi della pianta, la raccolta delle cime e come farle seccare per poi poter godere a pieno i suoi fiori.

Patule, vengono chiamate le giovanissime piante, proprio quando prendono vita le foglie ed emergono dal substrato.  Nei loro primi stadi di sviluppo le piante di cannabis non richiedono grandi quantità di fertilizzanti e integratori. Sarà sufficiente un apporto di concimi azotati e di enzimi per lo sviluppo delle radici.

Piantare Cannabis in casa - Seconda parte

  • Fase vegetativa:

Per i coltivatori indoor consigliamo di istallare un filtro ai carboni attivi sull’estrattore d’aria con dispositivi per canalizzare e/o diffondere gli odori assorbiti attorno alle piante, perchè le piante di cannabis sprigionano aromi molto pungenti e diventa necessario controllare gli odori con i giusti dispositivi.

Le varietà di cannabis fotoperiodiche possono rimanere in crescita vegetativa per tempi indefiniti fino a quando verrà mantenuto un ciclo di luce di 18/6, ma normalmente si passano a fioritura dopo 4-8 settimane. I coltivatori outdoor devono iniziare in primavera/estate, quando le giornate sono più lunghe.

Le varietà autofiorenti sono caratterizzate da fasi di crescita vegetativa di 3-6 settimane e avviano la loro fioritura indipendentemente dal ciclo di luce. Queste varietà possono essere seminate anche fuori stagione, con ottimi risultati.

Gli ibridi con genetica ruderalis richiedono almeno 18 ore di luce per l’intero ciclo di vita, che può durare dalle 8 alle 12 settimane.

Piantare Cannabis in casa - Seconda parte

  • Fase di fioritura:

La cannabis autofiorente avvia invece la sua fioritura indipendentemente dal ciclo di luce. Le varietà fotoperiodiche coltivate indoor passano alla fase di fioritura quando ricevono un ciclo di luce 12-12. La fase di fioritura può richiedere dalle 8 alle 12 settimane. Il ciclo luce-buio dev’essere omogeneo e ininterrotto. All’aperto la cannabis fiorisce in modo naturale e gradualmente, man mano che le giornate si accorciano verso fine estate/inizio autunno. Molti coltivatori apportano anche stimolatori per la fioritura in questa fase, perchè le esigenze nutrizionali passano dall’azoto al fosforo e potassio. Ci sono varietà di cannabis che possono raddoppiare o triplicare le altezze durante la fioritura. Nelle colture indoor le altezze delle lampade dovranno essere regolate più volte per evitare di bruciare le punte delle infiorescenze.

Piantare Cannabis in casa - Seconda parte

  • Fase di raccolta:

Due settimane prima della fine della fioritura è doveroso fare un lavaggio al substrato di coltura con sola acqua o con una soluzione per il “flushing”. I fertilizzanti rovinano i sapori quando si salta questo passaggio. Anche i fertilizzanti organici devono essere lavati via. Potete basarvi sullo stadio di sviluppo dei peletti delle cime per valutare il momento migliore per raccogliere le piante. Quando il 50-75% dei pistilli avrà assunto colorazioni rossastre, arancioni, rosa o marroni, i fiori saranno maturi.
Piantare Cannabis in casa - Seconda parte
  • Fase di essiccazione:

La marijuana fresca va essiccata e trattata adeguatamente per evitare la formazione di muffa. Queste procedure permettono inoltre di ottenere un’erba più saporita e dagli effetti più intensi. La rimozione dell’umidità aiuta ad attenuare l’amarezza e a far risplendere il profilo terpenico.
Posizionando le cime singole su uno stendino, o appendendo i rami interi in un essiccatoio, ridurrai il contenuto d’acqua delle tue cime del 10–15%. Questo processo rimuove l’acqua dagli strati esterni di ogni fiore, ma dovrai conciare la tua scorta per eliminare l’umidità presente più in profondità, all’interno delle cime. Per risultati ottimali, dovresti appendere (o posizionare in altro modo) le cime tagliate in una stanza buia con una buona circolazione d’aria ed un’umidità relativa di circa il 45–55%.  Ricorda che i rami delle tue piante contengono più acqua, quindi se appendi rami grandi, questi impiegheranno più tempo ad asciugarsi rispetto ai rami più piccoli o alle cime singole. Generalmente, la fase di essiccazione dura circa 7–12 giorni, a seconda dei fattori menzionati precedentemente. Durante questo periodo, le tue cime perderanno molta acqua, il che significa che si ridurranno di dimensioni e perderanno anche molto peso.
Piantare Cannabis in casa - Seconda parte
  • Fase di concia:

La concia è estremamente importante perché aiuta a preservare la tua erba in modo che possa essere conservata nel tempo, pur conservando il suo sapore unico e massimizzando la potenza. Consigliamo di effettuare il trimming (rifinitura – taglio delle foglie tra i fiori) mentre le cime sono ancora bagnate, poiché è più facile, più preciso e non rischi di perdere la resina per agitazione come quando maneggi le cime secche. Detto questo, il trimming a secco può rendere un prodotto eccezionalmente curato, degno di una posizione di primo piano solamente per l’aspetto.
Una volta terminata la concia, puoi conservare le cime negli stessi vasetti, in un luogo fresco, buio ed asciutto. Non è più necessario controllare le cime con la stessa frequenza, quindi assicurati di tenere ben chiusi i vasi per evitare che i fiori si secchino troppo. Se hai molta erba, considera di investire in pacchetti umidificanti o qualcosa di simile per mantenere i tuoi fiori freschi per lunghi periodi di tempo.

Piantare Cannabis in casa – Prima parte

Piantare Cannabis in casa

Piantare Cannabis in casa:

oggi parleremo di come muovere i primi passi per ottenere una buona resa piantando Marijuana in casa.

come muovere i primi passi per ottenere una buona resa piantando Marijuana in casa.

Nello specifico vedremo quali sono le giuste mosse per far crescere una bella e sana piantina, così che possa soddisfare le nostre aspettative. Far nascere una pianta non è una passeggiata, ma con i giusti accorgimenti vi appassionerete così tanto da non poterne più fare a meno. L’autoproduzione è semplice e può offrire ottimi raccolti anche a chi non ha esperienza. Le uniche cose di cui avrete bisogno sono un minimo di conoscenza e sufficiente forza di volontà per seguire tutto il piano di coltivazione.

Ciò che veramente conta più di ogni altra cosa è il seme, scegliete la varietà che più vi aggrada a seconda del grado di intensità, delle dimensioni della genetica, della resa finale, del tempo di crescita e soprattutto del gusto. Noi di Canapè abbiamo alcune varietà molto interessanti di ottima qualità, sia autofiorenti che femminizzate regolari.

Il primo passo è scegliere se coltivare al chiuso o all’aperto.  La coltivazione outdoor vale la pena se il clima è caldo e le piante ricevono almeno 8 ore di luce solare diretta al giorno. L’indoor, invece, consente di coltivare 365 giorni all’anno.

Se scegliete di coltivare outdoor dovrete prestare la massima attenzione al clima e alle ore di luce, poiché se seminate troppo tardi i primi freddi invernali potrebbero rovinare le piante ormai vicine al raccolto, se seminate troppo presto le varietà fotoperiodiche cresceranno in fase vegetativa per lunghi periodi di tempo, fino a quando il naturale ciclo giorno-notte si avvicinerà alle 12 ore di luce e 12 di buio, innescando la fioritura. I coltivatori indoor, invece, hanno il totale controllo sui cicli di luce.

Le piante di cannabis hanno bisogno di una forte luce solare. Se piantate in vaso potrete muovere più facilmente le piante in zone più soleggiate, in caso aumentassero le zone in ombra con l’avanzare della stagione. Inoltre, se il tempo dovesse peggiorare potrete riparare le piante al chiuso.

Piantare Cannabis in casa: lampade per coltivazione indoor

Coltivare cannabis: lampade per coltivazione indoor

Le tre parti principali che compongono un tradizionale sistema di illuminazione sono l’alimentatore, la lampada e il riflettore. È essenziale procurarsi un kit di illuminazione e un timer. Le lampade HID sono una fonte di illuminazione affidabile e dai costi ragionevoli. Gli alimentatori digitali dimmerabili da 400W e 600W sono un’ottima scelta se state progettando una coltivazione con un determinato budget, infatti, i micro-coltivatori che usano piccoli armadi o ripostigli dovrebbero accontentarsi di un sistema d’illuminazione da 250W, posizionando un estrattore all’altezza del riflettore per avvicinare la lampada alle piante e ridurre il calore in eccesso mantenendo sotto controllo le bollette della luce.

Le luci a LED sono la tecnologia di illuminazione per i coltivatori indoor del futuro, oggi già disponibili. Purtroppo, i migliori kit a LED sono costosi, ma quelli a spettro completo (Full Spectrum) possono essere usati per l’intero ciclo di vita delle piante di cannabis. Questo sistema di illuminazione di nuova generazione non richiede alimentatori, riflettori o lampade da sostituire tutti gli anni. Tra i loro principali vantaggi, le luci a LED non si surriscaldano e, rispetto alle lampade HID, emettono molta più luce che calore. I kit a LED di ultima generazione hanno un’aspettativa di vita di circa dieci anni e consumano il 50-75% in meno di energia rispetto alle lampade HID. Nel lungo periodo, le luci a LED vi faranno risparmiare sulla bolletta della luce.

Le lampadine CFL sono più indicate come luci supplementari durante la fioritura o come unica fonte d’illuminazione durante la fase vegetativa.  Non si surriscaldano, ma la loro luce non penetra come quella emessa dalle lampade HID o LED. Si possono mantenere molto vicine alle parti apicali per limitare il consumo energetico.

Piantare Cannabis in casa: substrato ottimalePiantare Cannabis in casa: substrato ottimale

Una buona crescita viene definita dalla scelta del terriccio, poiché questo compromette l’iniziale espansione delle radici e la conseguente crescita della pianta. Le piante di cannabis possono crescere nei substrati più diversi. Acquistatene sempre di specifici per la cannabis nei grow shop. I terricci universali a lento rilascio dei centri di giardinaggio non sono adatti per la coltura della cannabis. I terreni sani non sono tutti uguali, ma ognuno ha delle caratteristiche comuni. Un terreno sano ha miliardi di batteri, enormi quantità di ife fungine, migliaia di protozoi e molti nematodi. Tutti questi organismi costituiscono il complesso ecosistema che caratterizza un terreno di alta qualità. La cannabis è come una spugna. Assorbe tutte le impurità nel terreno circostante e proprio per questo motivo, le tecniche di agricoltura biologica sono fondamentali nella produzione di piante consumabili dall’uomo. Noi consigliamo di acquistare un terreno ibrido tra terra, argilla e sabbia in modo da equilibrare l’idratazione e l’areazione del substrato.

Quando si coltiva cannabis, raggiungere il livello ottimale di pH nel terreno diventa essenziale. Le piante di cannabis tendono a dare il meglio di se stesse quando crescono in un terreno leggermente acido, con pH compreso tra 6 e 7. Il pH del vostro terreno può essere aumentato o diminuito aggiungendo materiali di origine organica direttamente nel suolo. Tuttavia, vi consigliamo di farlo al momento di preparare il terreno prima di piantare. Se il vostro terreno è troppo acido, potete usare le pietre calcaree (disponibili in polvere o granuli) o la cenere di legno per aumentare i livelli di pH del vostro terreno. Per diminuire il pH del terreno, provate ad usare lo zolfo. Anche in questo caso, dovrete aggiungerlo al suolo e avere un po’ di pazienza. Lo zolfo può richiedere mesi per abbassare il pH del terreno. Se volete risultati più immediati, usate il solfato di alluminio.

Ricordatevi che la qualità di una pianta di cannabis è sempre proporzionale alla qualità del terreno in cui cresce.

Piantare Cannabis in casa: germinazione dei semipiantare cannabis: germinazione dei semi

– Esistono diverse tecniche per far germinare i semi di cannabis, come il popolare “metodo del tovagliolo di carta”. Si tratta di posizionare i semi tra un paio di fogli di carta assorbente e umida e chiudere il tutto tra due piatti o in un qualsiasi altro contenitore idoneo. In questo modo, eviterete di esporre i semi alla luce e potrete conservarli in un luogo caldo e buio. Controllate i pezzi di carta assorbente di tanto in tanto. Se si asciugano, inumiditeli con una spruzzata d’acqua. Nel giro di pochi giorni, i vostri semi dovrebbero germinare.

– La germinazione in torba (o dischetti jiffy) è un metodo estremamente valido per avviare lo sviluppo dei semi. Questi dischetti a forma di gettone vengono inumiditi e in pochi secondi si dilatano diventando più grandi e morbidi. La torba di cui sono fatti è tenuta insieme da una rete insolubile. Fate un piccolo buco in superficie e piantate i semi.

– Ma, il modo più semplice ed efficace per far germinare un seme è posizionarlo direttamente nel substrato di coltura. Basta posizionare il seme a circa 0,5cm di profondità nel terreno e coprirlo leggermente. Controllate l’ambiente e tenetelo caldo e umido, la temperatura ideale è a 20°C. Mantenete il terreno umido, ma non saturatelo, poiché il terreno saturo d’acqua può fare più male che bene. È possibile posizionare una lampada sopra il seme per fornire la temperatura adeguata per la germinazione. Non fate l’errore di aggiungere dei fertilizzanti pensando di nutrire meglio i vostri semi, perché il seme ha già in se tutti i valori nutrizionali ottimali per le prime due settimane. Nutrite la vostra piantina con acqua normale, ciò assicurerà lo sviluppo di forti radici e se proprio volete, potete utilizzare uno stimolatore di radici anche se non è assolutamente necessario.

Piantare Cannabis in casa

Nel prossimo articolo continueremo a scoprire la successive fasi della pianta, dalla fase di crescita fino all’essicazione finale delle cime.

Cannabis terapeutica – ridurre i danni del Coronavirus

Il CBD può migliorare la sindrome da

distress respiratorio acuto (ARDS)

Cannabis terapeutica - ridurre i danni del Coronavirus

Nel precedente articolo abbiamo parlato di come il CBD agisce sul nostro sistema immunitario, basandoci su ricerche e studi fatti in America è stato verificato anche che, grazie al Cannabidiolo in forma acida, si riesce a contenere lo sviluppo di ARSD e le sue terribili conseguenze.

La normale influenza stagionale e l’infezione da Sars-Cov-2 (il virus responsabile della pandemia da Covid-19) hanno sia aspetti in comune che differenze, come recentemente sottolineato da un documento stilato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tra le varie differenze, la principale è forse rappresentata dalla mancanza di terapie e di vaccini efficaci nel caso del Covid-19. Infatti, le situazioni di maggior pericolo sembrano derivare dall’aumento dei ricoveri ospedalieri, con conseguente diminuzione dei posti letto disponibili, soprattuto in terapia intensiva.

Mentre la pandemia da Covid-19 continua ad imperversare dovunque, la ricerca di metodi di cura e prevenzione efficaci prosegue senza sosta. Sono stati svolti molti studi clinici, uno dei quali ha portato a risultati davvero promettenti sull’efficacia del tetraidrocannabinolo (THC) nella sindrome da stress respiratorio acuto (ARDS). Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Dental College of Georgia dell’Università di Augusta (Stati Uniti) ha dimostrato che il CBD o cannabidiolo è in grado di invertire le gravi conseguenze dell’ARDS, una complicanza della COVID-19 che provoca danni ai polmoni e morte.

I dati mostrano che il Cannabidiolo (CBD), il principale componente non psicoattivo della Cannabis Sativa, potrebbe migliorare l’infiammazione e i danni respiratori associati al Covid-19. Questo effetto del CBD sembrerebbe il risultato dell’interazione con una molecola presente nel nostro organismo, l’apelina, un peptide endogeno implicato, tra l’altro, nella regolazione dell’immunità centrale e periferica e nella regolazione della pressione sanguigna.

Ridurre i danni del Coronavirus:

STUDI E RICERCHE DEGLI ESPERTI DI CANNABIS

Cannabis terapeutica - ridurre i danni del Coronavirus

Gli scienziati, coordinati dal professor Babak Baban, docente presso il Dipartimento di Biologia Orale e Scienze Diagnostiche, nel precedente studio “Cannabidiol Modulates Cytokine Storm in Acute Respiratory Distress Syndrome Induced by Simulated Viral Infection Using Synthetic RNA” pubblicato sulla rivista scientifica Cannabis and Cannabinoid Research avevano dimostrato l’impatto positivo del CBD in modelli murini (topi) con una forma di ARDS indotta.

Sulla scia dei risultati promettenti, gli scienziati hanno proseguito nelle loro ricerche, nel tentativo di verificare ulteriormente e comprendere il meccanismo d’azione del CBD. In questo nuovo studio, i ricercatori hanno scoperto che l’effetto anti-infiammtorio del CBD potrebbe essere dovuto all’interazione con l’apelina, una molecola normalmente presente nel nostro organismo. L’apelina è un peptide endogeno espresso principalmente nei polmoni, cuore, fegato, intestino, reni e nel Sistema Nervoso Centrale, che sono anche i distretti dell’organismo dove maggiormente è localizzato il Sistema Endocannabinoide.

Questa molecola agisce principalmente attivando il recettore APJ, che induce una diminuzione del fattore di trascrizione Nf-kB, con conseguente diminuzione del rilascio dei mediatori dell’infiammazione e del reclutamento delle cellule immunitarie.

L’apelina induce anche un effetto ipotensivo e questa azione sembra dovuta anche all’interazione con l’enzima ACE-2, espresso sulla superficie di molte cellule, in particolare quelle polmonari. Infatti, l’apelina e l’ACE2 normalmente lavorano insieme per controllare la pressione sanguigna. Quando la pressione sale oltre certi livelli, un aumento di espressione di entrambi può essere utile nel ridurre la pressione sanguigna e l’attività caridaca.

L’ACE-2 è però anche la porta di ingresso del Sars-Cov-2 nel nostro organismo. Il virus, infatti, possiede una proteina glicosilata che si lega all’ACE-2 e consente l’ingresso all’interno delle cellule.

Arrivando a fare un passo in più per spiegare che: “Dato che l’apelina è anche un substrato per l’ACE2, questi risultati possono essere particolarmente rilevanti per la gestione di COVID-19”.

I ricercatori avevano già esplorato le potenzialità della cannabis nel trattamento dell’ARDS studiando però il THC. “Il Δ9-Tetraidrocannabinolo previene la mortalità da Cannabis terapeutica - ridurre i danni del Coronavirussindrome da distress respiratorio acuto attraverso l’induzione dell’apoptosi nelle cellule immunitarie, portando alla soppressione della tempesta di citochine”: è il titolo di una ricerca appena pubblicata sull’International Journal of Molecular Sciences che è stata effettuata dai ricercatori dell’Università del Sud Carolina in Columbia e da quelli del Baylor College of Medicine di Huston. Così i ricercatori hanno scoperto che : “Il trattamento dei topi affetti da ARDS mediato dal SEB con THC ha portato ad una sopravvivenza del 100%, ad una diminuzione dell’infiammazione polmonare e alla soppressione della tempesta di citochine”. Esistono dati sperimentati di uno studio che individua il CBD come un componente efficace nel contrastare la tempesta di citochine causata dal Covid-19. Lo studio dei ricercatori dell’Università di Augusta in Georgia pubblicato su Cannabis & Cannabinoids Research suggerisce che il CBD può avere un impatto positivo sull’ARDS o sulla sindrome da distress respiratorio acuto – un sintomo pericoloso nel COVID-19 causato da una risposta infiammatoria.

Cannabis terapeutica – ridurre i danni del Coronavirus

Una delle complicazioni più serie della COVID-19, l’infezione causata dal coronavirus SARS-CoV-2, è rappresentata da una risposta immunitaria dell’organismo sproporzionata all’invasione delle particelle virali. In parole semplici, viene prodotto un numero enorme di proteine infiammatorie che sono in grado di danneggiare gli organi in modo irreversibile, e determinare così la morte del paziente. Possono essere più letali del coronavirus stesso, quando si innesca questa tempesta di citochine i pazienti presentano un versamento di liquido infiammatorio nei polmoni a causa delle lesioni della parete capillare, che rende necessaria la somministrazione di ossigeno.

Cannabis terapeutica - ridurre i danni del Coronavirus

Il legame tra infezione virale, apelina e CBD è, per ora, solo associativo, non causativo: non si sa se il virus o il CBD agiscano direttamente sull’apelina, o se ciò sia la conseguenza di altri meccanismi, come sottolineato dagli stessi autori della ricerca. In ogni caso, i dati dimostrano che durante un’infezione virale i livelli plasmatici di apelina calano vertiginosamente. Il CBD contrasta questa azione, riportando l’apelina a livelli normali ed  esercitando un forte effetto anti-infiammatorio tale da ridurre i danni polmonari causati dall’infezione virale, come nel caso del Covid-19. L’apelina potrebbe quindi rappresentare un target molecolare del CBD mai considerato prima d’ora. Come indicato, non sono chiari i meccanismi che permettono all’apelina di contrastare l’ARDS nei modelli murini, e non è ancora provato che sia proprio l’infezione virale a determinare il crollo nei livelli di questo peptide o se ci siano altre condizioni di fondo, pertanto dovranno essere condotti studi più approfonditi e naturalmente si dovrà passare alla sperimentazione clinica, cioè ai test sull’uomo. Nel caso arrivassero tutte le conferme del caso, potrebbero essere sviluppati agonisti sintetici in grado di aumentare i livelli di apelina – come quelli basati sul CBD – che potrebbero offrire benefici ai pazienti con COVID-19.

LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS IN ITALIA

Tutto quel che c’è da sapere sulla cannabis legale in Italia e le ultime notizie sullo stato della legalizzazione di droghe leggere nel nostro Paese.

LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS IN ITALIA

  • Al di là di quanto sarà più o meno veloce il percorso che condurrà a una rivisitazione della legge sulla coltivazione e sul consumo di cannabis in Italia, e nonostante un atteggiamento mediatico spesso “denigratorio”, cui fa seguito qualche uscita poco felice da parte di alcuni schieramenti politici sulla marijuana in Italia, una cosa è però già certa: la vendita di cannabis light in Italia non solo è un business completamente legale, ma si dimostra un settore in piena fase di espansione. Secondo l’Associazione italiana cannabis light infatti, il giro di fatturato è già pari a circa 80 milioni di euro e sta cavalcando ritmi di sviluppo in doppia cifra particolarmente confortanti, che dovrebbero portare a una piena maturazione del comparto. Ricordiamo anche che comprare marijuana italiana light è un’operazione consentita solo a maggiorenni, e che tutti i prodotti che hanno questa denominazione sono caratterizzati da una percentuale molto bassa di THC, inferiore al limite di legge dello 0,6%.
  • Produttori e negozianti che coltivano e commercializzano la canapa light erano finiti nella bufera politica per le parole di Matteo Salvini da ministro dell’Interno e hanno lavorato negli ultimi anni in un quadro normativo non chiaro che aveva finito per coinvolgere le sezioni unite della Cassazione che, lo scorso maggio, avevano spiegato che resta reato la vendita della cannabis, anche nella sua forma “light”, se “in concreto” ha un effetto drogante.LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS IN ITALIA“La coltivazione della cannabis e la commercializzazione dei prodotti da essa ottenuti, quali foglie, inflorescenze, olio e resina, in assenza di alcun valore soglia preventivamente individuato dal legislatore penale rispetto alla percentuale di Thc, precisava la Cassazione, rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico sugli stupefacenti, con la sola “eccezione” riguardante la canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali”. Tutti problemi ora superati dall’emendamento emesso in Aprile 2020.
  • La cannabis light sarà legale grazie a un emendamento alla legge di Bilancio. Finisce il braccio di ferro – che era arrivato fino alle sezioni unite della Cassazione – sulla canapa con un basso contenuto di Thc, il principio attivo che procura effetti psicotropi. Il testo inserito nel pacchetto di emendamenti approvati in commissione Bilancio recita: “L’uso della canapa composta dall’intera pianta di canapa o di sue parti come biomassa è consentito in forma essiccata, fresca, trinciata o pellettizzata ai fini industriali, commerciali ed energetici”.

LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS IN ITALIA

Commercializzazione della cannabis: le ultime sentenze

In tema di sostanze stupefacenti, è lecita la commercializzazione di inflorescenze di “cannabis sativa L.” proveniente da coltivazioni consentite dalla l. 2 dicembre 2016, n. 242, a condizione che i prodotti commercializzati presentino un principio attivo di THC non superiore allo 0.5%.

In motivazione, la Corte ha precisato che la legge n. 242 del 2016 si limita a disciplinare la coltivazione della canapa, senza menzionare la successiva commercializzazione dei prodotti ottenuti da tale attività, in quanto trova applicazione il principio generale che consente la commercializzazione di un bene che non presenti intrinseche caratteristiche di illiceità.

Cassazione penale sez. VI, 29/11/2018, n.4920 –

La legge 2 dicembre 2016, n. 242, stabilendo la liceità, a determinate condizioni, della coltivazione della cannabis sativa L., ha reso lecita anche la commercializzazione dei prodotti di tale coltivazione costituiti dalle infiorescenze (marijuana) e dalla resina (hashish), in quanto la cannabis sativa con THC inferiore a 0,5% non rientra più nell’ambito di applicazione del testo unico sulle sostanze stupefacenti e psicotrope di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

Cassazione penale sez. VI, 29/11/2018, n.4920 –

 La commercializzazione al pubblico di cannabis stativa c.d. « light » e, in particolare, di foglie, infiorescenze, olio e resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicabilità della legge che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà ammesse e iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi della direttiva n. 2002/53/CE e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati; pertanto, la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa c.d. « light », quali foglie, inflorescenze, olio e resina, sono condotte che integrano un fatto di reato anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dalla legge, salvo solamente che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività.

T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna) sez. I, 19/08/2019, n.661 –

 Per le Sezioni Unite: non è reato coltivare in casa qualche piantina ad uso personale. La Cassazione con la SU n. 12348/2020 annulla la sentenza limitatamente al reato di coltivazione, ritenendo il ricorso parzialmente fondato, alla luce della soluzione fornita alla questione di diritto sollevata dalla terza Sezione della Corte.

LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS IN ITALIA, coltivazione“Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità del tipo botanico e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili nell’ambito della norma penale: le attività di coltivazioni di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore.”

La Cassazione tiene pertanto a precisare che :

  • sono lecite e non punibili per mancanza di tipicità, le coltivazioni domestiche minime effettuate con strumenti e modalità rudimentali, da cui si ricava una quantità minima di sostanza destinata ad un uso esclusivamente personale;
  • è invece soggetta al regime sanzionatorio di tipo amministrativo previsto dall’art. 75 del d.P.R n. 309/1990 la detenzione di sostanza stupefacente destinata in via esclusiva al consumo personale anche se ottenuta con una coltivazione domestica lecita;
  • alla coltivazione di piante penalmente illecita è possibile applicare l’art. 131 bis c.p., ed escludere quindi la punibilità per particolare tenuità del fatto;
  • alla coltivazione di piante penalmente illecita si può infine applicare l’art. 73 comma 5 del d.P.R, il quale dispone che: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, e’ di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329.”.

Per tale motivo, non costituisce reato l’attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica destinate ad uso personale. In questo modo viene superata l’equiparazione tra coltivazione in senso tecnico-agraria e domestica, effettuata in passato sempre dalla Cassazione con la sentenza n. 28605/2008, secondo la quale era da configurare come reato qualsiasi coltivazione non autorizzata di piante dalle quali si potessero estrarre sostanze stupefacenti, anche se desinate all’autoconsumo.

CASSAZIONE PENALE, SEZIONI UNITE, SENTENZA N. 12348/2020 –

LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS IN ITALIA

Concludendo non è punibile chi coltiva cannabis in casa per uso personale qualora, l’esiguità del numero di piantine e prodotto e i mezzi usati, consentano di escludere lo spaccio. E’ quanto hanno deciso le Sezioni Unite Penali della Cassazione con la sentenza del 16 aprile 2020, n. 12348. Devono ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore.