Cannabis Light – Perché meglio legalizzare

L’Europa anche in queste ultime settimane ha dato segnali inequivocabili sulla utilizzazione dei derivati della canapa, ma nel nostro Paese tira ancora un vento contrario e gelido che blocca ogni speranza per tutti quelli del settore di lavorare liberi da pensieri e timori di incappare nella ragnatela che alcuni irresponsabili tutori della legge ha tessuto. Ma la positività che sta alla base dell’idea di Green Economy spinge in molti a resistere e continuare alla lotta per la chiarezza e la legalità.

Cannabis Light - Perché meglio legalizzare

Più cannabis shop, meno mercato nero: la canapa light nuoce alla criminalità organizzata

È questa, in sintesi, la conclusione di uno studio condotto da tre ricercatori italiani e pubblicato sulla rivista European Economic Review, dalla ricerca, la prima di questo tipo nel nostro Paese, emerge che la legalizzazione della  cannabis leggera in Italia ha ridotto nel giro di poco più di un anno la quantità di marijuana spacciata e i relativi ricavi delle organizzazioni criminali.

I ricercatori parlano di un “effetto di sostituzione” inatteso nella domanda tra cannabis light e cannabis illegale. 

Quali sono i motivi del successo della canapa leggera?

Possono essere diversi: dal voler evitare effetti stupefacenti eccessivi, al preferire un prodotto dall’origine controllata. E, molto probabilmente, un ruolo di tutto rispetto è giocato dal non doversi rivolgere al mercato illegale per effettuare l’acquisto.

“La ricerca – spiegano gli autori – ha dimostrato come nelle province con maggiore concentrazione di rivenditori di canapa legale ci sia stata, a parità di operazioni di polizia, una riduzione delle confische di prodotti stupefacenti e una riduzione del numero di arresti per reati di droga”, e ha messo in evidenza che, nel breve arco temporale considerato, la legalizzazione della cannabis light ha portato a una riduzione di circa l’11% dei sequestri di marijuana per ogni cannabis shop.

Una percentuale che, tradotta in chili di cannabis illegale confiscata, sta a significare un calo dei sequestri di marijuana pari a 6,5 chili per ogni negozio specializzato in prodotti a base di cannabis.

Dati statici per fare chiarezza:

I risultati statistici dello studio consentono di calcolare le entrate perdute per le organizzazioni criminali.

Considerando che il numero medio di cannabis shop a livello provinciale è di circa 2,76 e che il prezzo della marijuana è stimato in 7-11 euro al grammo, le nostre stime sulle 106 province considerate implicano che le entrate perdute a causa della liberalizzazione della cannabis light corrispondano – solo per quanto concerne la marijuana, escludendo l’hashish e le piante di cannabis illegali – a circa 200 milioni di euro all’anno”.

I risultati ottenuti in termini di ricavi perduti da parte della criminalità organizzata appaiono invece interessanti se si considera che la cannabis light è un “sostituto” della cannabis illegale, poiché caratterizzata da “effetti ricreativi molto più bassi, dovuti alla percentuale minima di Thc in essa contenuta”, mentre il Thc presente nella marijuana da strada può arrivare a superare il 20%, con il noto “effetto sballo” che ne consegue.

“Questi risultati – scrivono – supportano l’argomentazione secondo cui, anche in un breve periodo di tempo e con un ottimo sostituto, la fornitura di droghe illegali da parte del crimine organizzato viene rimpiazzata dalla presenza di rivenditori ufficiali e legali”.

Cannabis Light - Perché meglio legalizzare

“La cannabis light potrebbe portare quasi un miliardo di euro di entrate in Italia”: le stime del MEF (Ministero dell’Economia e della Finanza).

Ci vorrebbe forse più coraggio, visto che in ormai 3 anni di utilizzo massivo da parte di diverse fasce della popolazione come professionisti, anziani e anche pazienti, non è stato registrato nemmeno un singolo problema di salute pubblica, per cambiare il paradigma e mostrare ai cittadini tutti i vantaggi che deriverebbero da questa operazione, ponendoci tra i principali produttori europei.

Parliamo di quasi un miliardo di euro: soldi che, in questa situazione economica, sarebbero ossigeno puro per gli agricoltori italiani, gli esercizi commerciali, e, appunto, lo Stato. Eppure, nonostante questo, anche l’ennesimo tentativo di regolamentare la filiera della cannabis light, per la quale manca solo la definizione dell’uso umano è saltato, per essere nuovamente riproposto.

La conclusione è che in questa situazione drammatica di emergenza sanitaria, i produttori di canapa non devono solo tenersi ben alla larga dal virus e dalle conseguenze economiche di questa pandemia, ma devono inventarsi soluzioni impossibili per commercializzare i derivati della canapa industriale che una legge (242/2016) gli avrebbe in teoria consentito di poter fare.

CALCE/CANAPA NELLA BIOEDILIZIA MODERNA

COSTRUIRE NATURALE PER UN BENESSERE TOTALE

In campo edilizio, materiali e tecniche post–industriali potrebbero essere abbandonati in favore di prodotti alternativi compatibili con l’ambiente, come quelli derivati dalla pianta di canapa. Si tratta di una coltivazione sostenibile dal punto di vista ambientale perché ha una crescita rapida ed abbondante; essendo una pianta infestante, per crescere non necessita di irrigazione, erbicidi e pesticidi, né di antiparassitari e non avendo proteine al suo interno non è attaccata da roditori o altri insetti. La canapa ha anche un’azione fertilizzante e fitodepuratrice: è capace di bonificare e risanare le aree inquinate dalle industrie chimiche.

CALCE/CANAPA NELLA BIOEDILIZIA MODERNA

Caratteristiche ecosostenibili della Canapa:

I prodotti in CANAPA sono naturali al 100% e tutti gli additivi utilizzati sono di origine vegetale o naturale e sono realizzati con bassissimo impiego energetico ed idrico, biodegradabili e riutilizzabili al 100%.

La CANAPA SATIVA è una pianta che:

  • non contiene THC, quindi la sua coltivazione è pienamente legale
  • viene coltivata senza l’uso di pesticidi
  • ha un consumo idrico molto basso
  • è una pianta resistente che si adatta a diversi microclimi
  • è veloce nella crescita e permette la piantumazione anche più volte l’anno
  • ha un’elevata resa in termini di massa vegetale
  • pulisce e ri-mineralizza il terreno, preparandolo ad altre colture
  • assorbe CO2 dall’atmosfera in quantità così elevate da compensare le emissioni prodotte dagli altri componenti presenti nel conglomerato (calce) e portare il bilancio delle emissioni in negativo (carbon-negative).

Le analisi biologiche della Canapa Sativa evidenziano che il canapulo (o legno di canapa) ricavato dallo stelo della pianta essiccata, avendo una struttura molecolare ad alveare, è perfettamente traspirante, ha un elevato potere termico, è allo stesso tempo duttile e durevole, grazie al contenuto di silice nella fibra.

CALCE/CANAPA NELLA BIOEDILIZIA MODERNA CANAPA NELLA BIOEDILIZIA: struttura molecolare ad alveare

Queste caratteristiche intrinseche della fibra permettono ai prodotti in canapa di essere:

  • ottimi isolanti termici ed acustici
  • traspirabili e quindi deumidificanti ed antimuffa
  • ideali per la costruzione in zone sismiche.

In fase di lavorazione in campo edilizio viene prodotta poca polvere, il contatto e l’inalazione delle fibre non causa irritazioni cutanee e alle vie respiratorie. Materiale naturalmente inattaccabile da parte di insetti e roditori, grazie all’assenza di sostanze proteiche ed al sapore amaro delle fibre di canapa, resistente alle muffe e completamente riciclabile. Materiale altamente traspirante e resistente all’umidità, in caso d’imbibizione accidentale conserva inalterate le proprie caratteristiche una volta asciutto.

Calce/canapa nella bioedilizia moderna:

Il composto calce-canapa è un materiale ottenuto dalla combinazione della parte legnosa dello stelo di canapa, il “canapulo” con la calce e l’acqua. La canapa svolge la funzione riempitiva, mentre la calce quello di legante e conservante.

Dalla variazione dei dosaggi di calce e canapa è possibile ricavare diversi prodotti con differenti ambiti di applicazione:

  • Muri di tamponamento: la miscela, in questo caso, viene versata e pressata all’interno di pannelli di contenimento, oppure spruzzata utilizzando un unico pannello sul lato interno o esterno. Il mix utilizzato per i muri di tamponamento ha una tipica resistenza a compressione di 100 kPa e deve quindi essere abbinato a una struttura portante in legno, acciaio o cemento.
  • Blocchi calce-canapa: i blocchi di calce e canapa sono un ottimo sostituto dei blocchi di tamponamento in laterizio e sono ottenuti utilizzando generalmente canapa (38%), calce aerea (51%) e calce idraulica (11%).
  • Isolante per tetti: in questo caso il mix, a bassa percentuale di calce e generalmente fornito in big bag è sversato tra una trave e l’altra.
  • Termointonaco: per produrre un materiale lavorabile il mix contiene una maggiore quantità di calce rispetto al canapulo di granulometria fine. Il biocomposito è particolarmente adatto all’applicazione su muri tradizionali ed è efficace nel miglioramento termico di vecchie costruzioni di sasso e in condizioni in cui è necessario un risanamento per mitigare l’umidità di risalita e le condense superficiali tipiche dei ponti termici.
  • Massetto isolante: Il biocomposito è spesso impiegato nei restauri come massetto e massetto alleggerito.

CALCE/CANAPA NELLA BIOEDILIZIA MODERNA

Realizzazioni edilizie di ultima generazione:

Il primo esempio già realizzato a fine 2019 arriva dal Canada. Si tratta della Harmless Home, costruita sull’Isola di Vancouver o Île de Vancouver, sull’Oceano Pacifico, lungo la costa occidentale della Columbia Britannica. Si trova su un alto promontorio ultra panoramico, in piena natura, circondata da alberi, fatta in blocchi di Canapa-calce come mattoncini Lego, incastrati uno sull’altro in un sistema particolare a comporre il corpo abitativo anche in funzione strutturale.

CANAPA NELLA BIOEDILIZIA: Harmless Home

Una realizzazione che rappresenta solo la punta dell’iceberg di quanto oggi è già possibile fare, anche i Italia (se ci mettessimo d’impegno) nella cosiddetta Edilizia verde utilizzando la Canapa come materia prima. Ma è anche solo un esempio tra i tantissimi che danno il segno della grande inventiva, della capacità di realizzazione e della programmazione all’avanguardia dal Canada.

Il sistema ha permesso non solo di rivestire i muri della casa, ma di utilizzare il materiale nelle parti portanti dell’edificio nella parte abitata. Fino a oggi questa soluzione è stata usata per edifici a due piani.

SuperSSR è un sistema modulare di pareti a blocchi che viene assemblato impilando blocchi di interblocco e l’applicazione di un materiale di incollaggio tra blocchi e percorsi adiacenti. È adatto a tutti i sistemi a parete ed è portante, riducendo la necessità di supporti verticali. Il sistema a parete funziona al meglio con intonaci a calce e intonaco per finiture sia esterne che interne. Questi materiali sono permeabili, regolando l’umidità e il flusso d’aria, non è richiesta alcuna barriera al vapore. I blocchi vengono spediti con strati di base su entrambe le superfici interna ed esterna per accelerare ulteriormente la costruzione e migliorare la protezione del clima“.

Bioedilizia e Canapa, situazione europea e Italiana nel dopo epidemia

Il momento è quello giusto per ripartire, soprattutto dopo il blocco per l’epidemia da virus Sars-Cov-2, recuperando il terreno perso in questi mesi e cercando di dare slancio e respiro europeo al settore Italiano in primis. Da qui la presenza di Francesco Mirizzi all’EIHA, l’European Industrial Hemp Association, come Senior Policy Advisor e portare avanti le ragioni della Canapa nella Bioedilizia.

L’unione di Canapa, calce e acqua genera un materiale molto prezioso per l’edilizia, in grande espansione in diverse parti del mondo anche se l’Italia rientra tra quei paesi dove il settore della Bioedilizia segna il passo soprattutto nell’applicazione della Canapa.

Eppure il materiale possiede caratteristiche uniche. Gli edifici che sono stati costruiti facendone uso, richiedono una frazione di energia per riscaldamento e raffreddamento. Il mattone in Canapa-Calce o in forma aderente a spruzzo sull’interno delle pareti, è capace di assorbire l’umidità eccessiva per rilasciarla poi in stagioni secche.

Dando forte slancio a questa forma di edilizia, le aziende agricole produttrici di Canapa avrebbero un profitto certo non solo dai semi, ma anche dalle fibre: occorrono però impianti di trasformazione della parte legnosa e fibrosa della pianta che siano diffusi lungo il territorio italiano, altrimenti i costi diventano proibitivi in lunghi percorsi per trasferire le balle di materiale grezzo.

CANAPA NELLA BIOEDILIZIA MODERNA

La Canapa come materiale da costruzione ecologico è ben conosciuto in Italia e in Europa dove imprese come la IsoHemp a Fernelmont, in Belgio, pubblicizzano i loro blocchi a base di canapa. Soluzione  perfetta per edifici ad altissima resa energetica, blocchi molto leggeri e adattissimi per isolare pavimenti e soffitti oltre alle mura perimetrali.

In Italia, solo per fare alcuni esempi tra i diversi possibili, la Pedone Working lo ha utilizzato anche per rivestimenti interni di condomini, le “Case di Luce” o l’altra realtà pugliese, la Madeinterra e le sue realizzazioni di arredo oltre che di rivestimento delle abitazioni mettendo insieme calce, argilla, paglia e canapa, oppure la Ecopassion in Alto Adige che ne ha fatto uno stile di vita, dalle abitazioni all’abbigliamento.

Storia della Canapa in Italia

La canapa veniva utilizzata per realizzare tessuti dai Mongoli, dai Tartari e dai Giapponesi già prima dell’avvento del cotone e della seta. Già 8000 anni fa veniva usata in Cina per la produzione di tessuti e per uso medico. 

Diverse ricerche sostengono che le piante di canapa sono arrivate in Europa moltissimi anni fa: la sua diffusione è quasi sicuramente legata agli spostamenti delle tribù nomadi, almeno 500 anni prima di Cristo, in quanto a Berlino è stata ritrovata un’urna contenente foglie e semi di cannabis risalente a 2.500 anni fa. 

In Italia la canapa è stata usata per millenni. È stata infatti ritrovata in pipe preistoriche ritrovate nel Canavese: questa regione ai piedi delle Alpi prende il nome di Canavese proprio dalla Canapa. 

La storia della Canapa in Italia per produrre filati di altissima qualità con metodi industriali risale alla fine del 1700.

Storia della Canapa in Italia

A poco a poco la canapa ha acquisito sempre maggiore fama, vista la sua versatilità e i suoi tanti utilizzi, era definita la regina delle piante da fibra, usata spesso per la realizzazione di vestiti e per costruire le reti dei pescatori perché resistente all’acqua salata, soprattutto in Veneto.

Nel 1923 molte famose industrie tessili che occupavano un importante ruolo nell’economia italiana  producevano filati greggi e candeggiati di Canapa per tessitura, tappeti, spaghi e corde, vele e sacchi, filati per cucire suole e per la pesca, cordame per marina e per ponteggi, gru, montacarichi, trasmissioni, cordicelle per tende, tende, forniture per marina, esercito, ferrovie, poste, tabacchi, ospedali.

Con una produttività così ben organizzata è evidente come l’Italia potesse essere la seconda al mondo per quantità di filati prodotti e la prima per la qualità, con quasi 1000 ettari di terreni coltivati, e primo fornitore della Marina Britannica.

All’epoca, la coltura della canapa tessile era legata alle Repubbliche Marinare. Durante i secoli delle conquiste marittime europee, la richiesta di talee e cordami creò un vero e proprio business intorno alla pianta. 

L’Italia, in particolare, si distingueva per la qualità della fibra, specie in città come Bologna e Ferrara, divenute famose grazie alle estese coltivazioni di canapa tessile di ottima qualità. 

Storia della Canapa in Italia: corda di canapaLe navi britanniche, ad esempio, avevano gli alberi delle vele, i ciondoli, le vele stesse, la stoppa, le carte delle mappe, tutte realizzate in fibra di canapa coltivata, raccolta, lavorata e tessuta in Italia ed erano considerate tra le  imbarcazioni più sicure e perforanti dell’epoca.

Fu negli anni trenta che il regime fascista dichiarò l’hashish, un derivato ricreazionale, nemico della razza e droga da “negri”, nonostante la coltivazione della canapa fosse studiata nelle scuole agrarie con tanto di manuali, portando così alle falsificazioni e alle mistificazioni odierne riguardo a questo vegetale.

Durante la Seconda Guerra Mondiale però, la produzione medioeuropea e mediterranea tornava ad aumentare velocemente, perchè le fibre tessili e gli oli sativi diventavano più costosi. In più, esisteva l’esigenza di materie prime contenenti molta cellulosa da cui poter ricavare esplosivi ottenuti producendo nitrocellulosa.

Il rifiuto delle faticose tecniche di macerazione, insieme allo sviluppo dell’industria delle fibre sintetiche, all’aumento del costo del lavoro, ma soprattutto all’applicazione dell’art. 26 del D.L.gs 309/90 (Legge antidroga Jervolino-Vassalli), hanno decretato la fine della canapicoltura in Italia. 

In realtà non è stato tanto il Decreto, quanto la difficoltà degli organismi di controllo di distinguere morfologicamente le diverse varietà Indica e Sativa, e per anni hanno trovato legittimo sequestrare, sanzionare e incriminare non solo chi era e chi è colpevole di reato, ma anche gli agricoltori che, a loro spese, hanno riprodotto con pazienza ed abnegazione le vecchie varietà.

E pensare che le sementi italiane erano considerate le migliori dagli agronomi e dai tecnici del settore.

Storia della Canapa in Italia: francobollo

Storia della Canapa in Italia nell’epoca recente:

Nel 1994 e 1995 la sola canapa coltivata ufficialmente in Italia, sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine, è stata quella presso l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), organismo di ricerca statale. Tentativi di ricerca a scopo didattico (in Emilia e in Valle d’Aosta) sono stati repressi.

Nel 1997 la Comunità europea stabilisce la reintroduzione della Canapa ad uso industriale e grazie ad alcuni regolamenti, nascono i primi negozi italiani tematici sulla Canapa. 

Nel nostro paese ancora una volta però i governi che si succedono, di qualsiasi schieramento, agiscono in modo negativo e per il vantaggio economico di pochi privilegiati, senza produrre una politica globale su questo vegetale.

Questo giro di affari che si è venuto a creare si è prodotto nel giro di un anno e mezzo dall’entrata in vigore della legge che ne permette la coltivazione, quella numero 242 del 2016, che regola la coltivazione della cannabis light.

Le coltivazioni di cannabis negli ultimi anni sono cresciute a dismisura. 

I dati registrati passano dai 400 ettari di coltivazioni registrati 4 anni fa, nel 2014, ai 4 mila attuali e non è previsto nessun divieto di vendita del prodotto al momento, a tutte le attività in regola e che rispettano i requisiti di vendita.

Storia della Canapa in Italia