Cannabis e Celebrities business

Cannabis e Celebrities business

 

 

 

In tutto il mondo è in atto una rivoluzione con al centro la pianta più bistrattata della storia, che sta diventando anche quella più remunerativa, in diversi settori. Le attenzioni per la cannabis e i suoi derivati sono altissime e non sono poche le multinazionali che hanno annusato il business e preparano strategie e investimenti. Le star americane che hanno dato vita al loro personalissimo cannabusiness sono moltissime, dal mondo dello sport al cinema, passando per la musica. Tra queste Patrick Stewart, partner dell’Oxford Cannabinoid Technologies, e Seth Rogen, che ha da poco lanciato il suo brand Houseplant, ma anche Whoopi GoldbergGwyneth Paltrow Martha Stewart.

 

Tra i tanti, però, spiccano figure che hanno declinato il loro cannabusiness in modi diversi, segno che questo è solo l’inizio:

Snoop Dogg

Quando, nel 2012, lo stato del Colorado e lo stato di Washington sono stati primi a legalizzare la cannabis per uso ricreativo, Snoop Dogg è stato tra le prime celebrità a lanciarsi nel cannabusiness.

Dopo aver collaborato per un paio di anni con realtà come Tweed e LivWell, azienda leader in Colorado per la distribuzione di marijuana legale, il rapper ha dato vita a Merry Jane, una piattaforma multimediale dedicata interamente alla cannabis e oggi una delle principali risorse per quanto riguarda notizie, informazioni e contenuti multimediali sulla marijuana.

 

Jim Belushi

Dopo la legalizzazione della cannabis nello stato dell’Oregon nel 2014, Jim Belushi, attore e comico statunitense, ha acquistato oltre 30 ettari di terreno per dare vita alla sua azienda, la Belushi’s Farm, nella quale lavora in prima linea, sporcandosi le mani, per la coltivazione della cannabis.

A settembre 2020, inoltre, Belushi, in collaborazione con l’attore e sceneggiatore Dan Aykroyd, ha lanciato The Blues Brothers, un nuovo marchio dedicato a cannabis di alta qualità pre-rollata e dedicata non solo al compianto fratello John, ma anche alle sensazioni positive che accomunano la musica alla marijuana.

 

Drake

Il famoso rapper Drake ha deciso di entrare nel business della cannabis unendosi alla Canopy Growth, azienda canadese che, tra quelle che si dedicano alla produzione di cannabis, è tra le più grandi e strutturate al mondo e che può già contare sulla collaborazione di altre star come Snoop Dog e l’attore Set Rogen.

 

Wiz Khalifa

Era solo una questione di tempo prima che uno degli smaffoni più grandi nel rap americano lanciasse la propria varietà di ganja. Quindi, eccoci con Wiz Khalifa e la sua Kush, studiata e venduta in collaborazione con i negozi RiverRock del Colorado. Il rapper l’aveva precedentemente resa disponibile a San Francisco , ma questa è la prima volta che questa varietà, che a detta di Wiz ha richiesto anni per essere perfetta, è stata lanciata in un vero e proprio mercato.

 

Mike Tyson

Il celebre campione di pesi massimi statunitense Mike Tyson ha dato vita al suo Tyson Ranch non solo per la coltivazione e la distribuzione della cannabis, ma anche per creare da una parte una comunicazione più chiara sui numerosi benefici della marijuana e dall’altra un luogo di incontro dove organizzare festival e appuntamenti a lei dedicati.

Degli oltre 400 acri a disposizione per il suo cannabusiness, Tyson ne ha destinati circa 20 alla Tyson Cultivation School, una fattoria-scuola per insegnare agli agricoltori a coltivare e a sviluppare le loro piante.

 

Jay-Z

Tra gli ultimi a entrare nel cannabusiness c’è Jay-Z, che a fine 2020 ha dato vita a Monogram, un’azienda dedicata alla produzione di un fumo di qualità, dove ogni passaggio è curato in ogni dettaglio, dalla coltivazione al consumatore finale. Nel catalogo non ci sono prodotti a base di marijuana, ma cannabis pura di alto profilo che si trasforma così in una proposta di lusso, venduta sfusa o rollata da artigiani altamente specializzati.

 

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Autocoltivazione Cannabis

Autocoltivazione Cannabis – Continua la strada alla decriminalizzazione della coltivazione domestica.

 

Consentire ai consumatori di non rivolgersi alla criminalità, liberare forze dell’ordine e tribunali da inutili procedimenti,

separare il mercato della cannabis dalla altre sostanze stupefacenti e permettere anche a chi non riesce a ottenere la

terapeutica di potersi curare.

 

 

È passato ormai un anno da quando le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dichiarato come non punibile penalmente l’auto coltivazione di cannabis quando questa è fatta con metodi rudimentali e per uso personale, ma una sentenza non basta per tutelare i nostri diritti, ancora rischiamo anni di processi. Alla camera dei deputati, tra gli esperti, è intervenuto anche il procuratore nazionale antimafia, Roberto Cafiero De Raho, il quale ha detto che:” Permettere l’auto coltivazione di cannabis toglierebbe un importante fetta del mercato delle organizzazioni criminali.”

Al contrario, tutti gli auditi hanno sollevato preoccupazioni rispetto al disegno di legge Molinari e alle prospettive di uno scenario in cui le sanzioni sarebbero inasprite. Si stima che oggi siamo in 100.000 a coltivare in Italia e lo facciamo per la nostra sicurezza e per la garanzia di consumare una cannabis di qualità.

Purtroppo, in questo lungo anno, il Parlamento non ha fatto nulla per recepire le indicazioni molto chiare che venivano dalla Corte di Cassazione ed è anche per questo che insieme a molte associazioni,  IOCOLTIVO.UE, una campagna di disobbedienza civile sull’autocoltivazione di cannabis, ha deciso di lanciare un appello al presidente della commissione giustizia, Mario Perantoni, e ai membri di quella commissione affinché facciano tutto il possibile per portare al voto, entro questa legislatura, un disegno di legge che è lì depositato ed è in discussione.

Il disegno di legge parla proprio di decriminalizzare la coltivazione di cannabis per uso personale. L’hanno depositato parlamentari di gruppi diversi, la prima firma è quella di Riccardo Magi, ed è un disegno di legge che potrebbe far cambiare subito alcune cose.

Prima di tutto che chi coltiva per il proprio uso personale non dovrà rispondere di accuse penali e amministrative, poi che il mercato delle droghe pesanti si separerebbe da quello delle droghe leggere, inoltre si alleggerirebbe le forze dell’ordine tribunale di moltissimi procedimenti inutili, ed infine, anche chi coltiva per alleviare i dolori delle proprie patologie, non dovrà rispondere come Walter de Benedetto, davanti ai tribunali, visto che il sistema sanitario nazionale non è ancora in grado di garantire a tutti la terapia di cui hanno bisogno.

È una grande occasione in questa legislatura per fare un passo avanti..

In Italia ci sono oltre 6 MILIONI DI COSNUMATORI di cannabis, di questi ben 100.00 decidono ogni anno di piantare un seme sul proprio balcone o all’interno del proprio giardino. Soltanto nel 2018 sono state sequestrate 532.176 piantine, il doppio dell’anno precedente. La regione con più sequestri è la Sicila, probabilemente per il clima particolarmente adatto alla coltivazione domestica di cannabis.

Cosa si intende per uso personale? 

Con la stessa decisione i giudici precisano che il reato di coltivazione di stupefacenti scatta a prescindere dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente. Tuttavia le Sezione unite fanno un distinguo proprio per la coltivazione domestica escludendo che questa rientri, alle condizioni ricordate, nell’ambito di applicazione della legge penale.

Grotte di Ellora (India): conservate con la Canapa per 1500 anni

Nello stato del Maharashtra, in India si trova una vasta serie mozzafiato di antiche strutture archeologiche conosciute come le Grotte di Ellora. Le grotte di Ellora sono state utilizzate per varie pratiche religiose durante i tempi antichi e sono rappresentative dell’inclusione e della tolleranza religiose.
Secondo il “Times of India” le grotte risalgono a circa 1500 anni fa, ma sono rimaste sorprendentemente preservate da insetti, condizioni naturali e decadimento. Grazie a un recente studio, gli scienziati ritengono di aver scoperto il motivo per cui le grotte sono così ben conservate: la canapa.

Lo studio è stato condotto dall’ex sovrintendente chimico archeologico del dipartimento di scienze archeologiche indiano, Rajdeo Singh.
Il periodo esatto in cui sono state costruite le grotte è sconosciuto, con stime che vanno dal 200 a.C. al 1000 d.C. Situate nello stato indiano del Maharashtra, le grotte sono composte da 34 splendidi templi in pietra che si estendono per circa 1,9 miglia (1,93 km). Le tre principali religioni dell’India sono rappresentate tutte dalle Grotte di Ellora. Dei 34 templi in pietra, 17 rappresentano l’induismo, 12 rappresentano il buddismo e 5 rappresentano il giainismo.

Secondo la testimonianza di Singh, la Cannabis sativa, popolarmente conosciuta come ganja o bhang, è stata trovata mescolata nell’intonaco di argilla e calce di Ellora. Ciò è stato confermato da tecnologie come la scansione al microscopio elettronico, la trasformata di Fourier, la spettroscopia infrarossa e studi stereo-microscopici. Singh e Sardesai hanno spiegato le qualità conservative della miscela di canapa, come riportato da Discovery.

Immagine di una moderna composizione di intonaco di canapa (Calcecanapa)

“Le fibre di cannabis sono più resistenti di altre fibre e la qualità appiccicosa della cannabis avrebbe potuto aiutare a formare un legante solido. La canapa può anche regolare l’umidità, respingere gli insetti, oltre ad avere un’alta permeabilità al vapore, proprietà igroscopiche.”

Tuttavia, l’uso dell’intonaco di canapa potrebbe non essere stato solo per scopi di conservazione. “Poiché l’intonaco di canapa ha la capacità di immagazzinare calore, è resistente al fuoco e assorbe circa il 90 percento del suono aereo, nelle grotte di Ellora è stato creato un ambiente di vita tranquillo per i monaci”, hanno scritto i ricercatori.

 

Prima di questo studio, si riteneva che la cannabis sativa potesse preservare edifici e strutture fino a 600-800 anni. I risultati di Ellora mostrano che la cannabis sativa, con solo il 10% di cannabis, può effettivamente conservare per 1500 anni o più.
Sebbene non sia mai del tutto chiaro il motivo per cui i monaci e i fedeli delle Grotte di Ellora hanno creato e utilizzato l’intonaco di canapa, la conservazione risultante ha permesso agli scienziati moderni di studiare l’area e apprendere di più su coloro che l’hanno costruita e utilizzata. Ciò fornisce una grande quantità di informazioni sulle antiche civiltà dell’India, nonché su bellissime strutture antiche.

 

Bioedilizia in canapa

Negli ultimi anni ci siamo avvicinati ad uno stile di vita più salutare nel rispetto dell’ambiente, non solo nelle abitudini quotidiane ma anche sulla scelta abitativa che a lungo termine avrà un risvolto positivo anche sulle generazioni future. Sempre più persone infatti scelgono di costruire la propria casa in Bioedilizia.

Se pensiamo che la spesa per la realizzazione della propria in bioedilizia sia troppo elevato dobbiamo considerare gli innumerevoli benefici che ne trarremmo: risparmio a lungo termine per riscaldamento e raffreddamento, ottimi benefici in termini di salute e qualità dell’aria per non parlare della sua sostenibilità ambientale.

 

Perché scegliere la canapa

La canapa è una pianta infestante, non è difficile da coltivare ed ha bisogno di pochissima acqua ed il nostro territorio è perfetto per la sua coltivazione.

Nel settore edile vengono usate principalmente due parti della canapa, il canapulo, che è la parte legnosa ed è presente per il 75% e la fibra, presente per il 25% usata come isolante atossico al posto di lana di vetro o roccia.

Miscelando il canapulo con la calce (calcecanapa) o con l’argilla, altro materiale molto resistente e naturale si va a sopstituire il calcestruzzo formando un cemento naturale, cosiddetto natural beton. Vengono così prodotti dei mattoni naturali che si posano a secco, risparmiando il 90% di acqua utilizzata invece per il cemento.

Amica dell’ambiente

Ha la capacità di smaltire CO2 dall’atmosfera. Parlando di bio-edilizia si potrebbe ricordare come l’edilizia tradizionale incida per circa il 30/40% sul totale delle emissioni di CO2 e come invece tutta la filiera di produzione di calce e canapa sia carbon negative, cioè tolga più CO2 dall’ambiente di quanta ne venga immessa lavorandola. Si stima che una tonnellata di canapa secca possa smaltire 325 kg di CO2. L’università di Bath ha calcolato che al netto delle emissioni di trasporto e lavorazione, un metro quadro di muratura in canapa smaltisce fino a 35 chilogrammi di CO2.
Infine va ricordato che si tratta di materiali biodegradabili che, a fine vita, possono essere riutilizzati semplicemente re-impastandoli per ricreare nuovo materiale.

 

Migliore  isolante termo-acustico

Le abitazioni costruite con questo sistema presentano molti vantaggi sia internamente che esternamente essendo un ottimo isolante termo-acustico. I pannelli in canapa sono in grado di regolare l’umidità cioè, la accumulano quando è in eccesso e la rilasciano quando l’ambiente è secco, mantenendo temperatura ed umidità costanti, consentendo un grande risparmio in termini di riscaldamento e raffreddamento della casa.

Oltre ad essere ecologico, etico è anche molto versatile, non si creano solo mattoni e pannelli isolanti ma anche, a seconda della lavorazione, massetti, intonaci e vernici.

La bioedilizia in Canapa presenta vantaggi anche dal punto di vista strutturale, infatti l’ENEA l’ente nazionale di ricerca sull’energia e sviluppo sostenibile, ha progettato un SISTEMA ANTISISMICO, per costruire pareti in grado di assorbire gli effetti delle scosse sismiche, applicabile sia per nuove costruzioni che ristrutturazioni; è costituito da un kit prefabbricatile e modulare composto da piani cordati e pannelli in fibra di canapa. 

http://www.efficienzaenergetica.enea.it/regioni/puglia/costruire-edifici-sostenibili-ed-efficienti-si-puo-basta-usare-la-canapa

 

In conclusione un’altro aspetto da non sottovalutare è lo smaltimento, essendo un materiale naturale, al momento di un’eventuale demolizione, la bioedilizia in canapa non crea danni all’ambiente perché, senza l’aggiunta di materiali sintetici, risulta del tutto riciclabile.

Come costruire con la canapa? Quanto costa la bioedilizia in canapa?

Se siete interessati ad approfondire il discorso Canapa e Bioedilizia possiamo mettervi in contatto con un geologo, tecnico specializzato in bioedilizia che gratuitamente vi fornirà consigli ed eventuali stime per la realizzazione della vostra casa in Canapa. SCRIVICI QUI

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Storia della parola Marijuana

Da cosa deriva il termine marijuana?

Qual’è la differenza tra canapa e marijuana?

Senza perderci nel labirinto della tassonomia vegetale, per essere pragmatici al massimo parliamo di canapa (legale) se non contiene affatto o quasi affatto il principio psicoattivo THC, e di marijuana (illegale) se lo contiene. 

Ma mentre la canapa è compagna degli italici suoli da millenni, l’infiorescenza psicoattiva lo è da molto meno, e la parola marijuana ancora da minor tempo.

Ci è giunta infatti dall’americano nel secondo dopoguerra. 

Come è arrivata la marijuana agli USA?

Dal messicano marihuana a fine Ottocento. Anche lì la canapa era coltivata almeno dai tempi delle caravelle di Colombo che l’avevano usata con generosità per vele, reti e cordami. Tracce in alcune mummie suggeriscono che fosse presente nel continente sin da prima.

Negli USA la pianta era ampiamente coltivata sin dai primi del Seicento per la sua versatilità e resistenza. Addirittura, quando il paese era una colonia inglese, in alcuni stati ne era obbligatoria la coltivazione per produrre materiali per la marina britannica, e con la canapa si potevano pagare le tasse. Persino George Washington e Thomas Jefferson la crescevano nelle proprie piantagioni …. Non di persona, ovviamente (anzi, Washington aveva degli schiavi nelle proprie piantagioni- ma questa è un’altra storia).

Jefferson di persona inventò pure una macchina per trarre più facilmente la fibra tessile dagli steli di canapa. 

La cannabis era poco usata, invece, come droga: prima del ‘900, i riferimenti alla cannabis erano quasi esclusivamente sull’uso medico o tessile, pochissimo su quello ricreativo. 

I messicani e la marijuana

Con l’arrivo massiccio dei messicani dopo il 1910, crebbe la “Mexicofobia” (nello stesso periodo rampava anche il razzismo verso i numerosi immigrati italiani e cinesi, tra gli altri, ma anche questa è un’altra storia). I messicani fumavano regolarmente marijuana, e venivano percepiti come bassi, scuri, proni a delinquere (come noi italiani!), “bassi d’intelligenza” (“low mentally”) per via di condizioni sociali e razziali”: sono parole di un giornalista ripetute nel 1937 davanti al Congresso da Henry Anslinger, presidente della US Narcotics Commission. Per una peculiare proprietà socio-transitiva, si dedusse che siccome Messicani = marijuana e Messicani = crimini, doveva essere vero che marijuana = crimini. 

Gli USA si affrettarono quindi a passare leggi federali che prima imposero tasse pesantissime sul commercio di canapa, poi vietarono il possesso e l’uso della marijuana. E siccome quando fanno le cose, le fanno senza lesinare mezzi e creatività, nel giro di pochi anni riuscirono a creare una vera e propria psicosi verso la marijuana, con tanto di poster e film di propaganda. Si moltiplicarono i sinonimi per definirla (forse più numerosi che per qualsiasi altra droga):  reefer, pot, weed, hashish, dope, ganja, bud,e molti altri. La marijuana venne accusata tra le altre cose di far diventare violenti e “blood thirsty” (assetati di sangue) i giovani, di rendere lascive e peccaminose le brave ragazze, di indurre il coma e poi la follia certa, di scatenare le passioni più incontrollate, di essere “l’erba del demonio”, “assassina della gioventù” e di produrre “adolescenti schiavi”.

Una semplice ricerca per immagini con le parole-chiave “propaganda against marijuana” oppure “anti-marijuana propaganda/campaign” produrrà degli esempi molto “godibili” della demonizzazione della marijuana. (qui potresti mettere il link attivo alla pagina di google con queste immagini trovate con le parole-chiave di cui sopra)

La cosa “buffa” è che la psicosi e la demonizzazione pubblica della marijuana erano iniziate in Messico decenni prima del 1900. 

Quindi ricapitolando, a noi dall’americano, all’americano dallo spagnolo messicano. E allo spagnolo messicano?

Non si sa per certo. Qualcuno ipotizza che sia la una crasi dei nomi Maria e Juana, molto comuni nelle comunità spagnole dell’America Latina. 

Altri suggeriscono che possa derivare dalle parole nàhuatl “malli” (“erba che si tesse”) e “huana” (ubriaco, alterato nel corpo e nella mente”). Il nàhuatl era una lingua uto-azteca parlata negli attuali Nevada, Colorado, Utah. 

Qualcuno sostiene invece che marijuana derivi dal cinese (), che è stata la prima parola attestata nel mondo per “canapa” (2700 a.C.) + huā (花), “fiore”, “infiorescenza”; le prime tracce certe della coltivazione di canapa si trovano a Taiwan.

Da ultimo, la parola potrebbe essere arrivata al brasiliano dal bantu parlato dagli schiavi angolani: in bantu cannabis si dice infatti ma-kaña.

 

Come aprire un negozio di cannabis

Quanto costa e come aprire un cannabis shop?

Guida utile che ti spiegherà quali sono i requisiti, i costi e come aprire un negozio di canapa/cannabis legale

In seguito all’approvazione della legge 242 del 2016 che tutela e incentiva la coltivazione e la lavorazione della canapa, il mercato della cannabis in Italia ha visto “fiorire” migliaia di aziende con non poche soddisfazioni. Aprire un negozio di cannabis può infatti diventare un’attività molto redditizia e ti può far guadagnare dei bei soldi. Chiunque abbia compiuto 18 anni può diventare imprenditore nel mercato della canapa.

Ci sono fondamentalmente tre modi per aprire un cannabis shop: 

  1. In autonomia (da zero)
  2.  In franchising
  3. Formula intermedia

1) Aprire un negozio di prodotti di canapa legale da zero. 

Questa è sicuramente la via più complicata ma che può dare diverse soddisfazioni ad un imprenditore. Non esiste nulla della vostra azienda, sarete voi a doverla creare da zero, passo dopo passo.

Dovrete quindi:

  • fare una ricerca di mercato
  • stilare un business plan con degli obiettivi e delle previsioni per il rientro dell’investimento (ROI)
  • Trovare i fondi da investire
  • Aprire la partita iva creando un’azienda su misura (ditta individuale o società) con l’ausilio di un commercialista
  • trovare il posto giusto dove sorgerà il negozio
  • ristrutturarlo o arredarlo per farlo diventare funzionale al vostro scopo
  • trovare un nome 
  • creare il marchio
  • Creare un immagine aziendale e una strategia di Marketing
  • Cercare e comparare tra loro i fornitori
  • Scegliere ed acquistare i prodotti da rivendere
  • Investire in comunicazione e pubblicità per promuovere il Brand

Il costo  per aprire il proprio negozio di commercio al dettaglio di prodotti di canapa da zero va indicativamente  dai 30.000  ai 50.000

Pro: 

  • Scelta autonoma del nome, dei prodotti e  dei fornitori.
  • Totale indipendenza dell’azienda
  • Maggiori profitti qualora l’azienda dovesse ingrandirsi negli anni

Contro: 

  • Costi di apertura elevati
  • Maggiori rischi di impresa
  • Maggiori sforzi in termini di tempo e risorse per creare e far conoscere un nuovo Brand e posizionarsi sul mercato (all’inizio non sei letteralmente nessuno).
  • Lunghi tempi per l’apertura del negozio

2) Aprire un cannabis shop in Franchising

Una scelta che puoi fare è quella di aprire la tua azienda, il tuo negozio, affidandoti ad un Marchio già esistente e conosciuto nel mercato. Il nome, il marchio, i prodotti ti verranno forniti direttamente dalla azienda “madre” con la quale continuerai ad avere rapporti commerciali dettati da un contratto che vincolerà le due parti. 

Il costo per aprire un negozio di cannabis in Franchising si aggira intorno ai 20.000/25.000 €

Pro:

  • Costi di investimento iniziali leggermente inferiori 
  • Marchio già conosciuto e inserito nel mercato
  • Tempi di apertura più rapidi
  • Formazione e affiancamento iniziali

Contro:

  • totale dipendenza dall’azienda “madre” nelle scelte aziendali.
  • Spese di affiliazione.
  • Royalty (percentuale sul fatturato da corrispondere al franchisor/affiliante).
  • Poca flessibilità.
  • Diritti pubblicitari da riconoscere al Franchisor

Maggiori informazioni per aprire in Franchising

3) Aprire un cannabis shop con Formula intermedia

Un ottimo compromesso tra aprire la propria azienda da zero e il Franchising è la formula intermedia. In questo caso un marchio già esistente mette a disposizione il suo Know how, Il Logo, le grafiche, i prodotti, la formazione iniziale e affiancamento per l’avvio di impresa. A differenza del franchising è però molto flessibile. Posso quindi scegliere anche solo alcune delle componenti offerte dal Brand “genitore”. C’è la possibilità per esempio di scegliere il proprio nome aziendale, Logo ecc. Verrete quindi seguiti per le pratiche di apertura, eventuali finanziamenti pubblici se presenti, allestimento negozio, approvvigionamento prodotti ec nc.

Il Costo per aprire un Cannabis Shop con formula intermedia varia da 5.000 a 20.000 €

Pro:

  • totale elasticità (posso scegliere se farmi seguire totalmente o solo riguardo determinati ambiti).
  • Costi iniziali inferiori.
  • Formazione e affiancamento iniziali.
  • Nessuna commissione sul venduto.
  • Buoni margini di guadagno.
  • Tempi brevi per l’apertura.

Contro:

  • dipendenza dall’azienda “madre” nelle fasi iniziali.
  • Limitati poteri decisionali riguardo le scelte aziendali.